Tafi: Giorgio Squinzi un visionario del ciclismo che parlava al cuore
Andrea Tafi, Ex ciclista Team Mapei, ricorda Giorgio Squinzi.
Andrea Tafi, Ex ciclista Team Mapei, ricorda Giorgio Squinzi.
Grazie.
Dovrei semplicemente ma sinceramente dire grazie per quello che il dottore mi ha dato.
Dovrei condensare tutto in questo profondissimo ma banalissimo grazie, che però è il tutto di un molto che il dottor Squinzi ha rappresentato per me e per quanti come me hanno avuto la fortuna di incontrarlo sulla propria strada.
È stata davvero una fortuna incontrare in quella estate del 1993, per la prima volta, quello che sarebbe diventato da lì a pochi minuti il mio sponsor, il mio patron. È stato sufficiente entrare nel suo ufficio di via Cafiero per comprendere nitidamente e compiutamente che non mi trovavo in un’azienda comune e nemmeno tra persone convenzionali, ma in una famiglia fatta di donne e uomini che come tali – dal primo all’ultimo – si consideravano.
È stata sufficiente una stretta di mano, molto prima di quella firma che mi avrebbe legato indelebilmente e per sempre per tutta “l’era Mapei”, estremamente prolifica tanto da essere considerata davvero l’età d’oro. È stato sufficiente parlare un minuto per scoprire un uomo competente e appassionato, attento e rispettoso, capace di parlare al cuore delle persone come pochi. Umanità, attenzione e rispetto, uniti ad un inarrivabile senso di responsabilità e rigore mi sono balzati immediatamente all’occhio.
Erano evidenti.
Ho avuto una grande fortuna: guadagnarmi la sua stima, la sua fiducia e la sua amicizia.
Ho avuto la fortuna di vincere una delle corse più belle del mondo, per me la più bella in assoluto, amata profondamente dal dottor Squinzi e dalla dottoressa Spazzoli: la Parigi-Roubaix. Una corsa estrema, che è diventata simbolo di un’azienda e di una squadra a “cubetti” che sulle pietre della “regina delle classiche” ha costruito la propria storia, diventata oggi mito e leggenda.
Ho avuto la fortuna di vincerla e di farlo nel giorno in cui il dottore era presente con tutta la mia famiglia al velodromo di Roubaix.
Che gioia, che festa, soprattutto quanti ricordi carichi oggi di un fardello pesante che è quello del rimpianto, non certo del ricordo.
Quello ci aiuta tutti ad andare avanti, a fare sempre meglio, come lui ci ha insegnato. Mai smettere di pedalare, per nessunissima ragione.
Però è innegabile, il rimpianto c’è ed è grande, quanto l’amore che lo ha accompagnato in questo doloroso ultimo chilometro, ma che continuerà ad esserci per il resto dei nostri giorni.
Cosa resta del dottore?
Tutto.
È lì tutto da vedere. Una grande famiglia. Una grande azienda. Tante piccole grandi realtà che sono diventate negli anni eccellenza e punti di riferimento, come il Centro Mapei Sport, pensato e voluto con l’indimenticato Aldo Sassi. Peccato solo che nel 2002 l’esperienza ciclistica del team più forte del mondo abbia scritto la parola fine. Ma anche in questo caso l’addio è stato con lo stile Mapei, del dottor Squinzi e della dottoressa Spazzoli: senza mai smettere di pedalare.
Usciti per restare e fare qualcosa di più e di meglio, per il mondo dello sport. Usciti lasciando un vuoto, ma anche una filosofia visionaria che ha riempito le menti di tanti dirigenti che oggi stanno provando a mettere in pratica come un format da adottare in tutto il World Tour.
Vi ricordate quando nel 2000 Mapei varò la sua squadra giovanile? A molti sembrò essere troppo, quasi una provocazione per non dire un eccesso o un’accelerazione in avanti troppo forte, ma altro non era che una visione nel futuro che solo Giorgio Squinzi aveva.
La stessa Mapei nel ciclismo è stato il primo grande esempio di squadra globale in uno sport – quello del pedale – che nel mondo ci stava appena entrando. E tutto questo è stato pensato, percepito e anticipato da un uomo che è sempre stato capace di essere un passo avanti agli altri, intuendo e favorendo i cambiamenti.
Per questo e non solo per questo, non posso far altro che dirgli grazie. Senza mai dimenticare, senza mai smettere di pedalare.