All’università come in vacanza era Adriana a guidare il “team”
Giancarlo Mazzuca, giornalista e amico di gioventù di Adriana Spazzoli, ripercorre la storia della loro amicizia.
Le vacanze al mare da ragazzi: un mito. Conobbi Adriana nel 1967 a Milano Marittima quando i miei genitori acquistarono una casa non tanto lontana dall’albergo dei suoi genitori: il mitico Brasil che mi ricordava tanto la calda atmosfera del carnevale di Rio. L’appuntamento era fisso: ogni santo giorno di quelle estati indimenticabili della fine degli anni Sessanta – gli anni favolosi dello sbarco sulla Luna, degli hippies e delle contestazioni giovanili – ci ritrovavamo in cinque sulle spiagge del bagno “Benini” davanti all’hotel degli Spazzoli. Eravamo tutti forlivesi doc: c’erano, appunto, Adriana, che faceva da padrona di casa, e poi mio fratello Alberto, Bruno Mambelli, Annamaria Morgagni e il sottoscritto. Con Annamaria ero anche compagno di classe al liceo scientifico, con la “spazzolina” (il mio soprannome un po’ sbarazzino dell’Adriana di allora) no perché lei stava ultimando il Classico, ma poi mi rifeci ampiamente per il semplice motivo che, coetanei al cento per cento, ci iscrivemmo entrambi alla facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna, sotto la regia, tra gli altri, del professor Romano Prodi: ebbi così la fortuna di studiare assieme a lei. Con Adriana ho anche portato a termine una ricerca sociologica imperniata proprio su Forlì sotto la supervisione di Roberto Ardigò, il piccolo-grande professore. Impegnandomi in quell’indagine, scoprii le sue future doti manageriali: dovevamo essere tutti allineati perché era lei a guidare il “team”.
Ma, del resto, anche al mare era Adriana che organizzava per tutti la giornata sotto il sole caldo della riviera romagnola: amava lo sci nautico assieme ad Annamaria, io mi accontentavo invece di un giretto sul moscone. Alla sera, facevamo sempre base al Brasil dove chiacchieravamo per ore, fino a quando papà Spazzoli ci mandava tutti a casa. Non mancava, però, qualche puntata, di tanto in tanto, nei night allora di moda a Milano Marittima, tipo Woodpecker e Pineta, o al bar Cluny in pieno centro. Il quintetto dei romagnoli doc si era, intanto, allargato perché si aggiunsero alcuni ragazzi di Milano e dintorni e tra, questi, c’era un tipo un po’ laconico, ma molto preparato e attento: Giorgio Squinzi, che stava facendo la gavetta in un’azienda lombarda ancora familiare, la Mapei, fondata da suo padre. Già allora Giorgio aveva una marcia in più e, pur non avendo forse l’esuberanza di noi romagnoli, batté l’intera concorrenza maschile conquistando l’amore di Adriana che divenne la sua fidanzatina.
Per noi, “playboy” forlivesi o presunti tali, fu una bruciante sconfitta: due a zero e palla al centro (e non c’era ancora di mezzo il Sassuolo…). Adriana andò a vivere a Milano ma noi, vecchi amici di un’indimenticabile giovinezza, non ci perdemmo mai di vista. Racconta, a riguardo, Annamaria: “Adriana mi chiamava la domenica dal suo giardino di casa a Milano e mi chiedeva: sei al mare? Sorrideva quando le dicevo che da noi, in Romagna, c’era la nebbia e lei ribatteva che, nella metropoli lombarda, era invece una giornata di pieno sole”. Ma la riviera romagnola era sempre nel suo cuore e l’ultima volta che ci siamo visti, Adriana, Giorgio, Annamaria e io con i rispettivi coniugi, è stata l’estate scorsa – e non poteva essere diversamente – là dove, oltre 50 anni fa, era cominciata la nostra grande amicizia: a Milano Marittima.
Mezzo secolo di grandi traguardi per la Mapei, che è diventata una vera multinazionale. Anche perché, accanto a Giorgio, c’è sempre stata nell’ombra (ma fino a un certo punto…) Adriana, una moglie che è diventata pure una consigliera preziosissima all’interno dell’azienda ma anche quando Squinzi è stato presidente di Confindustria. Entrambi hanno insegnato tantissimo a tutti, a cominciare dai loro figli. Tra i tanti successi, un giorno mi confessarono una grande sconfitta: avevano perso la loro battaglia contro i mulini a vento della burocrazia dilagante in Italia.
Il soprannome che avevo coniato per il “numero uno” degli imprenditori era “Monsignore”: un termine che considero azzeccato tenendo conto di quel suo atteggiamento molto serio e riservato, ma sempre pronto ad aprire agli altri, il vero “must” della sua vita. Il nuovo patriarca della Mapei è, però, diventato tale perché, sino alla fine, ha avuto accanto la moglie, la nostra “first lady” preferita, che avevo ribattezzato l’“Eminenza grigia”.
Sì, Giorgio e Adriana sono sempre stati assieme e assieme sono volati in cielo.