È una passione. Qualcuno dice anche una droga: mi piace correre. Da solo. Non sono un orso, ho molti amici e mi piace stare in compagnia, ma quando corro, mi piace farlo in solitaria, ascoltare il mio corpo che soffre felice e guardarmi intorno. Mi piace correre in salita. Si, quello che agli altri spacca il cuore e spezza il fiato. Arrivare in alto e guardare di sotto è meraviglioso.
Certo che a Milano dove sono nato e cresciuto trovare delle salite non è facile. Faccio l’architetto. Da quando ho iniziato gli studi ho avuto un punto di riferimento, un mito da seguire: Gio Ponti. Straordinario, eclettico, rigoroso. Il design italiano del dopoguerra gli deve molto. E quando si dice Gio Ponti qui a Milano si dice Pirellone.
Lo hanno costruito sessant’anni fa e per molti anni è stato il più alto edificio in calcestruzzo di Milano e d’Europa. E quando si dice Pirellone io penso subito a mio padre, geometra, che faceva parte delle squadre di operai e tecnici che il Pirellone lo hanno costruito. Mio padre oggi è molto anziano, ma la costruzione del Pirellone se la ricorda bene.
Lo iniziarono nel 1956 e lui giovanissimo tecnico in quel tempo si aggirava entusiasta nel cantiere per vedere e capire le soluzioni adottate e i progressi che si facevano ogni giorno. Mi ha sempre parlato di quel pavimento flottante, il primo in Italia. Ottantamila metri quadrati di linoleum e gomma Pirelli posati su pannelli in masonite con Adesilex 3 della Mapei. Ecco anche la Mapei torna spesso nei racconti di mio padre. Mi dice che se non ci fosse stata quella soluzione anche Gio Ponti forse avrebbe avuto dei problemi.
Io ci lavoro vicino al Pirellone e da quando ho iniziato a correre e a piacermi le salite ho coltivato un sogno. Andarci su di corsa. Ecco perché quando qualche anno fa hanno organizzato la prima “vertical sprint” a Milano, proprio al Pirellone, sono stato il primo a iscrivermi. Le vertical sprint sono quelle corse su per le scale degli edifici. Sono nate negli Stati Uniti dove sono nati anche i grattacieli e sono arrivate qualche anno fa in Italia.
Il giorno della corsa mi hanno dato il pettorale n. 1. Ero emozionato. Potevo correre, in salita e per di più nell’edificio progettato dal mio mito professionale. La corsa non l’ho vinta, ma non era quello il mio obiettivo. Mi è bastato correre su per la storia dell’architettura. Indimenticabile. Quando tutto è finito e sono ridisceso, nella piazza davanti al palazzo c’erano rimaste poche persone. Di lato un po’ in disparte ho visto mio padre. Immobile, guardava in alto compiaciuto. Mi ha visto, mi ha sorriso e mi ha preso sottobraccio.
“Andiamo a casa dai. Ce l’abbiamo fatta”.
* Dal 1956 ad oggi il rapporto tra Mapei e il Pirellone è continua-to. Nel 2002 si sono svolti i complessi lavori dovuti al disastro causato dall’aereo da turismo che entrò nell’edificio causando 3 morti e 70 feriti, mettendo in difficoltà la struttura stessa. È del 2005 invece l’intervento sul mosaico vetroso in facciata, per l’adeguamento statico delle strutture in cemento armato e per le pavimentazioni interne ed esterne. Particolarmente significative sono state la riqualificazione delle pavimenta-zioni interne. Per rispettare le caratteristiche “storiche” e per la perfetta riuscita dell’intervento, è stato fondamentale posare pavimentazioni in gomma che, nelle tonalità e nelle variazioni cromatiche, riproponessero quelle originarie degli anni ‘60, progettate personalmente da Gio Ponti.